#Gaeta, il seminarista Giuseppe Montagna ammesso tra i candidati agli ordini sacri. L’intervista

San-Nilo-Gaeta
S.Nilo

Giuseppe è nato nel 1986 ed è originario di San Nilo in Gaeta. Dopo la maturità scientifica conseguita presso il Liceo di Gaeta, si è laureato in Critica letteraria presso l’università di Roma Tre nel 2011. Dopo un anno di Dottorato, il 22 ottobre 2012 è entrato nel Seminario Regionale di Anagni. Svolge servizio nel fine settimana presso la Parrocchia Santuario di Santa Maria in Piazza di Fondi.

“Pregheremo affinché ognuno possa davvero fare esperienza del Dio onnipotente e misericordioso che ci chiama alla vita, per proporre a ciascuno un progetto d’amore ricolmo di gioia” ha dichiarato Giuseppe al quale abbiamo rivolto alcune domande.

 Ogni vocazione è unica e irripetibile. Ci racconti come è nata la tua?

In parrocchia. Mi innamoravo delle cose di Gesù stando in parrocchia. Sono stato impegnato come responsabile ministranti e catechista, prima con don Giuseppe Viola e poi con don Antonio Cairo. Soprattutto ricordo la forte esperienza di Azione Cattolica, nata da pochi anni a San Nilo. La cosa più bella che ho sperimentato è entrare in Chiesa e sentirsi in famiglia. Così dovrebbe essere ogni comunità cristiana.

Sono state pure importanti le esperienze spirituali degli anni di università a Roma, grazie specialmente alla comunità ADSIS, fondata in Spagna, che si occupa di evangelizzazione dei giovani e dei poveri.

 

Il diploma, la laurea, il dottorato e poi la scelta. Cosa ti hanno detto i tuoi genitori?

Sono stati contenti. Mi hanno visto convinto di questa nuova strada, soprattutto sereno e contento. Certo c’è stato un vero e proprio cambio di rotta: ero proiettato sulla strada dell’insegnamento. Anche aver lasciato la stabilità del percorso accademico è stato un bel “salto” vocazionale. È stato un po’ come Maria, che si turba di fronte a una proposta più grande di lei, ma si affida con gioia.

 L’Ammissione non è l’Ordinazione, ma un momento chiave del percorso vocazionale. Come lo vivrai?

Durante il rito, molto semplice, dovrò semplicemente impegnarmi a continuare nella preparazione verso il sacerdozio. Ma nell’Ammissione non sono tanto io che do il mio sì alla Chiesa, ma piuttosto la Chiesa che accoglie me sotto il suo manto di madre. È un segno della fedeltà di Dio e insieme della fiducia della Chiesa.

 In molte diocesi, anche in Italia, le vocazioni mancano o sono poche. Come collocare la tua scelta?

Ci ho riflettuto quando sono entrato in seminario. La risposta che mi sono dato è che i numeri non importano. Ciò che importa non è far parte di una maggioranza, ma vivere una vita piena. Ho detto no ad altri progetti non perché fossero sbagliati, ma perché non mi appagavano pienamente. Di fronte a un mondo che a volte non dà verità stabili, un mondo abbastanza secolarizzato, Dio è una roccia su cui costruire la propria vita.

 Ultima domanda. A volte le vocazioni sembrano un po’ trascurate nella pastorale. Cosa ne pensi?

Nella mia esperienza ringrazio il Signore per i tanti sacerdoti e realtà ecclesiali che rendono partecipi noi seminaristi alle loro attività e ci fanno sentire accolti. Spesso ci chiedono di raccontare la nostra vocazione. Per far capire che la vocazione è qualcosa di concreto e che nasce nell’ordinario. Non siamo alieni, ma persone che Dio ha amato e chiamato a sé.