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Gaeta

Ex Avir, il ricordo di un dipendente della vetreria gaetana (#foto-video)

Dopo il dissequestro, il 26 febbraio 2020 l’ex vetreria di Gaeta ha riaperto i battenti. Insieme a Sindaco, amministratori comunali e giornalisti c’erano uomini che hanno passato gran parte della loro vita all’intero di quelle mura, ex lavoratori che hanno vissuto passo per passo la storia della vetreria e che possono raccontarcela.

Ci incuriosisce sapere quanto e in che maniera, prima del suo fallimento, la vetreria fosse parte integrante della città. Come, nel lontano 1909, Gaeta traeva benefici sia economici che sociali da questa fabbrica. E cosa, nel 1981, ha significato perderli.

A raccontarci il tutto è il signor Luigi Fages, ex dipendente della vetreria gaetana.

“La fabbrica nasce nel 1909 a Gaeta: fu scelta questa città in quanto era ricca di sabbia, elemento principale per la composizione del vetro. Ci occupavamo della fabbricazione di bottiglie e damigiane, il lavoro non era ancora strumentalizzato, si lavorava “a soffio”.

Con il passare degli anni c’è stata una rivoluzione riguardante le tecniche. In principio c’erano le macchine semi-automatiche, poi del tutto automatiche. I macchinari venivano comprati in America e, successivamente, portati a Gaeta per aumentare e velocizzare la produzione del vetro e per poter poi competere sul mercato”.

La fabbrica aveva molti dipendenti?

“C’erano molti operai, soprattutto quando il lavoro era manuale. In ogni “piazza” dove il vetro era lavorato a soffio, c’erano tre operai. Il levatore del vetro che calava il vetro nella bocchetta del forno, poi c’era chi lo lavorava e il soffiatore che lo rifiniva. Nonostante il lavoro fosse manuale, c’era un’ottima produzione che ovviamente con l’arrivo dei macchinari è andata ad incrementarsi”.

Lei a cosa si dedicava?
“Ho iniziato a lavorare nella fabbrica quando ero ancora molto giovane, per cui non occupavo un ruolo molto importante. Ma con gli anni ho accumulato capacità ed esperienza e mi sono spostato nel laboratorio chimico di controllo produzione: mi occupavo del peso, delle misure, della capacità della bottiglia e dello spessore del vetro. Inizialmente lavoravo come macchinista nell’ala 6, poi sono passato alle macchine semi automatiche. Il laboratorio di controllo è stato il mio ultimo step”.

 

Souvenir o meglio, pezzi di storia: “si tratta di bottiglie prese prima che la pallina del vetro caldo andasse in rifinitura. Queste palline andavano prima negli abbozzatori e poi passavano automaticamente nel finitore, gonfiato con aria compressa. Quando qualcuno voleva divertirsi o aveva tempo da perdere, prelevava la pallina prima della rifinitura e si sfiziava a fare questa invenzioni. Dopodiché andava negli stampi ed uscivano questi souvenir. Facevamo anche portacarte e posaceneri”.

 

Cosa successe dopo la chiusura della fabbrica?

“L’ultima lavorazione in fabbrica risale al luglio 1981 ma i licenziamenti del personale sia impiegatizio che operaio, sono avvenuti nel 1983. Siamo stati in molti a perdere il lavoro e quando la società ha chiuso, abbiamo venduto le nostre azioni”.

 

“Dopo tanti anni di abbandono, lo stabilimento è diventato un posto tetro. Ma io che per molti anni ci ho vissuto come fosse una seconda casa, so che grande fonte di ricchezza era per Gaeta. Il guadagno ricavato andava speso nella nostra città, nei negozi, nei bar, nei cinema. Tutti beneficiavano di questo patrimonio, e quando la fabbrica è stata chiusa, tutti ne abbiamo risentito”.

Che sensazione ha provato quando ha visto la vetreria dopo così tanto tempo?

“Sono passati più di 40 anni da quando sono uscito da lì per l’ultima volta, mi ha fatto un effetto strano. Avendoci lavorato per molti anni, ho provato nostalgia. E sicuramente non è stato bello vedere il posto così non curato”.

Approva il progetto di recupero dell’Amministrazione Mitrano?

“Sì, il Comune ha trovato una nuova soluzione per arricchire la città, è un’iniziativa che farà bene”.

di Ilenia Cavaliere

redazione

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