Chirurgia ibrida al Dono Svizzero di Formia

Un intervento dall’alto impatto tecnologico ha contraddistinto un’operazione presso l’ospedale “Dono Svizzero” di Formia, consacrandola come apripista nella Chirurgia “ibrida” del futuro. Si è trattato di una delle prime esperienze di questo genere in provincia. I protagonisti di questa valenza sinergica sono il primario del reparto di Chirurgia, Vincenzo Viola, il primario della Radiologia “interventistica”, Mario Iozzino, con il suo assistente, dott. Andrea Pescosolido, il responsabile del reparto di Oncologia, Luigi Rossi e quello di Epatologia, Amato La Mura. A un paziente operato, tre anni fa, di tumore al colon, durante i continui controlli effettuati nel periodo postoperatorio, veniva riscontrata la presenza di una metastasi al fegato, sviluppatasi in una zona dove il normale intervento chirurgico sarebbe stato estremamente problematico. A questo punto, alla luce delle risultanze emerse da un tavolo multidisciplinare, si è concertato di operarlo “in chirurgia ibrida”. L’innovativa tecnica ha visto il lavoro del chirurgo che ha “isolato” il fegato, quello del radiologo “interventista” svolgere il suo compito con una macchina di ultima generazione con energia a microonde, superando anche la metodica con la radiofrequenza. L’intero intervento è durato solamente cinquanta minuti a fronte delle sei o sette ore che si registravano per portare a termine un intervento del genere con i vecchi metodi operativi. La quasi totale assenza di perdita di sangue, oltre che al benessere del paziente, si è rivelata oltremodo positiva per non aver dovuto far ricorso a un numero elevato di sacche di sangue da richiedere al Centro Trasfusionale.

Di non minore importanza è stato poi il ridotto periodo temporale dell’utilizzo della sala operatoria, con favorevole conseguenza per quanti altri operatori ne avessero avuto bisogno. E non ultimo l’importanza della minore durata dell’anestesia, elemento sicuramente vantaggioso per gli aspetti collaterali che hanno interessato il paziente, per il quale non si è reso nemmeno necessario l’utilizzo della Rianimazione, come, invece, avveniva per gli interventi che, nel tempo, hanno preceduto questa innovazione, i quali, tra l’altro, abbisognevoli di un periodo di degenza postoperatoria che superava talvolta anche una buona settimana, mentre, con questa tecnica, il paziente è stato dimesso anche dopo 48 ore. Comprensibile, perciò, la soddisfazione che si è colta presso l’ospedale “Dono Svizzero” dove la Chirurgia Oncologica, supportata dall’utilizzo delle nuove tecnologie conclamate a livello mondiale, ha segnato una tappa che risulta essere l’eccellente esperienza innovativa che verrà ripresa e rilanciata presso tutte quelle strutture che forniscono in questo campo. Fine. A questo proposito è stato interessante ascoltare il dott. Mario Iozzino che ha puntualizzato i dettagli tecnici dell’intervento, partendo dalle ipotesi operative perseguibili per questa operazione. “Le tecniche ablative possono essere eseguite per via percutanea guidata tramite la ecografia o la TAC (Radiologia Interventistica); per via laparotomica o per quella videolaparoscopica. La tecnica percutanea è meno invasiva rispetto alle altre modalità e permette un più precoce recupero clinico del paziente. Ma tale tecnica è controindicata a noduli multipli, superficiali o esofitici a rischio di sanguinamento non controllabile; a noduli in prossimità di strutture nobili a rischio di lesioni. La tecnica lapatoromica e videolaparoscopica hanno quale limite di non consentire l’individuazione e quindi l’ablazione di piccole lesioni per la impossibilità di eseguire l’ecoscopia intraoperatoria. La tecnica ibrida Chirurgia/Radiologia Interventistica, eseguita grazie anche alla esperienza chirurgica del primario chirurgo Viola che ha permesso di ampliare le indicazioni al trattamento, in particolare può essere utilizzata in pazienti con tumori in vicinanza a strutture vitali con possibilità di mobilizzazione di organi adiacenti che impedirebbero l’intervento con la sola via percutanea. Tale tecnica permette inoltre un’ablazione maggiormente aggressiva e quindi efficace, senza il rischio di lesione di strutture circostanti. Il nostro paziente aveva un piccolo nodulo in prossimità di strutture nobili, con impossibilità di essere raggiunto per sola via percutanea per l’assenza di sicura finestra di ingresso. La tecnica ibrida ha consentito la mobilizzazione chirurgica di organi adiacenti e l’utilizzo dell’ecografia intraoperatoria, ottenendo il successo tecnico con maggiori margini di sicurezza”.

Orazio Ruggieri