La nascita poco prima del Natale di due anni fa presso l’ospedale San Giovanni di Dio a Fondi, in provincia di Latina: una gravidanza vissuta senza problemi, così come il parto. Ma dopo i primi vagiti è iniziato il calvario per una neonata e per la sua famiglia. L’infermiera che l’aveva presa in consegna per il primo lavaggio l’ha immersa nell’acqua ad una temperatura che avrebbe dovuto essere di 37 gradi centigradi. Inspiegabilmente, però, dal rubinetto è probabilmente fuoriuscita acqua con una temperatura maggiore, procurando alla neonata gravissime ustioni che ancora non danno pace alla piccola. Dopo la prima corsa al Bambin Gesù di Roma, tanti interventi chirurgici subiti, tre dita amputate, organi genitali danneggiati; ed ancora molte volte Giulia (il nome è di fantasia) dovrà subire operazioni ricostruttive per colpa di quell’episodio che, ad oggi, non trova ancora spiegazioni. La Asl non denuncia il fatto a ridosso dell’accaduto. Tocca alla famiglia romena trovarsi un avvocato, mettere in moto la macchina per una sacrosanta richiesta di giustizia.
Il giallo della temperatura
L’infermiera che aveva preso Giulia in consegna era tra le più esperte, e dalle indagini interne successive al fatto, non sarebbe emerso nulla di anomalo nelle procedure messe in atto dall’operatrice 47enne per fare il primo bagnetto alla piccola. Senza dimenticare che le caldaie non consentono l’uscita di acqua ad una temperatura maggiore di 48 gradi. «Anzi – spigano dal reparto dell’ospedale di Fondi – è più facile che dal rubinetto esca acqua fredda». Bastano poche domande per capire come, dopo il ‘sinistro’, dal nosocomio del sud pontino si sia sviluppato un forte moto di solidarietà nei confronti dell’infermiera, cui la Asl, formalmente, non ha chiesto conto delle eventuali responsabilità: a lei come ai medici. Situazione, però, che si tradurrà in un percorso difficile per chi, innegabilmente, un danno l’ha subito per tutta la vita.
La Asl non concilia
Da un lato le mani esperte che hanno curato centinaia di bambini, dall’altro giovane coppia di cittadini romeni residenti nella piana di Fondi e una incolpevole figlioletta sfregiata. Una situazione economica modesta la loro, dove l’unico stipendio è quello del papà che lavora presso una ditta di facchinaggio. Il processo penale nei confronti della donna inizierà ad aprile 2017, mentre la battaglia per ottenere un risarcimento da parte della famiglia della piccola Giulia si prefigura lunga e difficile nel parallelo processo civile. La Asl di Latina, infatti, chiamata ad una conciliazione (passaggio obbligatorio per legge) a fronte di una richiesta di danni che ammonta ad un milione di euro, non si è presentata alla mediazione che avrebbe potuto evitare l’apertura di un procedimento civile. Si allontana così il momento in cui alla piccola Giulia potrà essere riconosciuto un risarcimento per le lesioni subite.
L’avvocato: bastava la prova del gomito
Analisi delle procedure e una sfilza interminabile di perizie. E’ facile immaginare il percorso dei prossimi anni nelle aule di tribunale, mentre si fa dura la valutazione degli avvocati della piccola Giulia dopo il forfait dell’azienda al tavolo della trattativa: «Le procedure per il bagnetto sono chiare – dice l’avvocato Benedetto Guglielmo – tutti sanno che si deve sentire la temperatura con il gomito, che è la parte più sensibile del corpo. E solo dopo immergere il corpicino. A giudicare dai danni, ci pare di poter dire che qualcosa non è stato fatto. Come non è stato fatto nulla dall’azienda all’indomani del fatto: abbiamo dovuto denunciare tutto noi. Abbiamo notato un atteggiamento strano da parte della Asl, che avrebbe attribuito i danni ricevuti dalla bimba addirittura ad un altra patologia».
Bandiera bianca dell’assicurazione
Un caso complesso, certamente non ascrivibile alle tante vicende di malasanità che attanagliano le aziende sanitarie italiana, con richieste di danni destinate a prosciugare prima le assicurazioni, e quando non basta anche le casse pubbliche. «La questione dei risarcimenti è preoccupante – riferisce Gianna Sangiorgi del tribunale per i diritti del malato di Latina. Stiamo seguendo un paio di casi in cui è stata riconosciuta la responsabilità dell’azienda: una signora rimasta cieca per un intervento alla cataratta, ed un altro signore che ha subito gravissime lesioni a seguito di un intervento chirurgico solo. L’assicurazione della Asl non può risarcire perchè sono stati superati i massimali previsti, perciò si dovrà aprire un procedimento ulteriore direttamente nei confronti dell’azienda.
Fonte: Corriere della sera 