In pensione prima sì ma 20 anni di contributi non sono più sufficienti: un compromesso che per qualcuno sarà vantaggioso, per qualcun altro decisamente no.
Speravamo tutti – o quasi – almeno quest’anno, nell’addio definitivo alla legge Fornero. Entrata in vigore nell’ormai lontano 2012, la legge dell’ex Ministro del Lavoro del Governo Monti ha “costretto” molti lavoratori a restare inchiodati in ufficio o in fabbrica almeno fino a 67 anni.

La legge Fornero, per il momento, non si tocca e probabilmente resterà in vigore ancora per un po’ di anni visto che, abolirla completamente, significherebbe anche favorire troppe uscite anticipate di massa dal mondo del lavoro il ché potrebbe significare il collasso delle casse dello Stato.
Nonostante per accedere alla pensione di vecchiaia sia necessario avere almeno 67 anni di età, c’è, comunque da dire, che le strade per aggirare la Fornero non mancano e sono anche tante: tante sono le misure di pensione anticipata in vigore che il Governo di Giorgia Meloni ha confermato anche per il 2025.
Tuttavia la coperta è corta e se si tira troppo verso la testa poi i piedi restano scoperti. Che fare? Semplice: abbassare l’età e aumentare i contributi. Infatti tutte le misure di pensione anticipata richiedono un requisito contributivo molto più alto. Nel prossimo paragrafo analizziamo, nei dettagli, un’opzione che consente di lasciare il lavoro ad appena 63 anni e qualche mese.
Pensione a 63 anni ma i contributi aumentano
Chi si occupa di economia domestica sa bene che, per far quadrare i conti, se si aggiunge di qua bisogna sottrarre di là. E su larga scala funziona esattamente allo stesso modo: il Governo, per far quadrare tutto, se dà poi deve anche togliere. C’è una misura molto vantaggiosa che consente di accedere alla pensione ad appena 63 anni e 5 mesi ma 20 anni di contributi davvero non bastano.

La misura in questione è Ape sociale ed è una delle più ambite. Ape sociale – nata nel lontano 2017 – è molto ambita in quanto fa un bello sconto anagrafico e consente di accedere alla pensione a soli 63 anni e 5 mesi: quasi 4 anni prima, dunque, rispetto ai 67 anni richiesti dalla classica pensione di vecchiaia.
Ma dove sta la penalizzazione? Il punto è che con Ape sociale non basta avere solo 20 anni di contributi: nella migliore delle ipotesi ne servono almeno 28, nella peggiore addirittura 36. Questa misura esclude, quindi, tutti coloro che, per un motivo o per un altro, hanno iniziato tardi a lavorare in modo stabile e continuativo.
Ma non è tutto: per evitare che troppe persone possano lasciare il lavoro a poco più di 63 anni mettendo in crisi tanto l’Inps quanto le aziende, Ape sociale è stata ristretta a poche categorie: caregivers, disoccupati, lavoratori con invalidità pari o superiore al 74%, addetti ai lavori usuranti.

Le prime categorie possono lasciare il lavoro a 63 anni e 5 mesi con 30 anni di contribuzione; agli addetti ai lavori usuranti, invece, di anni di contributi ne servono almeno 36. C’è un modo, però, per ottenere anche sui contributi uno sconto di 2 anni. Le donne con figli, infatti, possono beneficiare di una riduzione di 1 anno per ogni figlio fino ad un massimo di 2 anni.
Dunque una lavoratrice con invalidità o una caregiver o una disoccupata con 2 figli può accedere alla pensione con Ape sociale a 63 anni e 5 mesi con 28 anni di contributi anziché 30. Una piccola agevolazione ma comunque sempre 8 anni in più rispetto ai 20 anni di contributi necessari per la pensione di vecchiaia.