Gioco d’azzardo, quanto costa ai cittadini italiani e laziali

Non sempre tuttavia si riesce a dare la giusta luce ai fatti, distorcendo anche solo parzialmente i numeri forniti dagli enti istituzionali. Con il rischio di fare disinformazione e aumentare le fobie su un settore che di per sé non gode di una gran fama.

Gli ultimi dati rilasciati parlano abbastanza chiaro. In Italia si spende tanto per il gambling, meno soltanto della Gran Bretagna in Europa e poche altre nazioni nel mondo. I 96 miliardi di euro di volume di gioco non sono però la quantità di denaro che gli italiani perdono, ma tutto quello che gira nell’industria dell’azzardo. Di questi la maggior parte vengono restituiti ai giocatori sotto forma di vincita, rendendo gli introiti più contenuti per le aziende e la spesa sostenibile per i cittadini. In totale infatti circa 76 costituiscono il payout, e rientrano nelle tasche di chi li ha messi nel sistema. Non esattamente allo stesso modo, ma la varianza decide chi premiare.

Restano quindi esclusi circa 19 miliardi di euro, gli effettivi guadagni dell’industria. Che però non finiscono tutti nelle casse dei titolari, perché non bisogna dimenticare la tassazione (piuttosto elevata) su questo tipo di esercizi. L’erario ha incassato nel solo 2016 sui 10 miliardi di euro dal gioco d’azzardo, cifra inimmaginabile per quasi tutti gli altri settori di entertainment.

Il ricavo rimasto alle aziende si aggira dunque intorno ai 9 miliardi di euro, certo ridimensionato rispetto ad alcuni dati che girano. A maggior ragione se si considera le inevitabili spese di gestione, tra stipendi dei dipendenti e costo delle licenze. La distinzione tra raccolta e spesa effettiva permette anche di stabilire con maggiore precisione quanto perde in media un italiano con le scommesse: si parla di 339€ all’anno, meno di 1€ al giorno. Restare in average di per sé non sarebbe un caso grave, ma il fenomeno della ludopatia tocca oggi circa 800.000 italiani.

È ben consapevole della situazione nazionale il Lazio, che tra le regioni si è mosso piuttosto bene nel contrasto alla ludopatia. La prima legge del 2013 è stata di recente rinforzata da un decreto che prevede lo stanziamento di 14 milioni di euro proprio per aiutare i casi estremi di GAP. D’altronde Roma è la città che possiede il maggior numero di slot machine e videolottery, circa 20.000, e si trova dietro soltanto a Napoli per quantità di denaro speso nei centri scommesse live e virtuali. A livello regionale il Lazio si trova ai vertici, con una raccolta di quasi 8 miliardi di euro (dati sul 2016).

Più del 10% del totale nazionale, ben sopra la media e di altre realtà molto legate alle scommesse. Segno che l’industria del gambling è molto radicata intorno alla capitale, e ogni piano legislativo deve tenere conto della situazione sociale e lavorativa nell’effettuare i suoi interventi. Togliere di colpo l’intera filiera rischierebbe di far inceppare una macchina che finora porta possibilità a centinaia di abitanti. L’intervento moderato, a salvaguardia dei cittadini, è l’unica soluzione percorribile, e sarebbe una vittoria per tutti.

Ci riuscirà il governo?