Itri ricorda Franco Lorello a un anno dalla morte e ne sollecita l’inizio del processo di beatificazione

Lorello Franco e la figlia Giulia

Un anno fa esatto, era il due di settembre, il buon Dio, mosso a compassione del travaglio fisico che stava torturando un angelo che ancora aveva il suo domicilio sulla Terra, lo liberava dall’oberante fardello di sofferenze, chiamandolo vicino a Sé, nel cerchio più alto dei beati che godono della Sua visione e vicinanza. E Franco Lorello, pur tra il comprensibile dolore di congiunti, colleghi di lavoro, di quanti hanno convissuto con il suo pregevole impegno sociale svolto da decenni, amici e conoscenti, lasciava questa valle di lagrime. Oggi, sabato 2 settembre, nel ricordo pur sempre vivissimo nell’animo di chi lo ha conosciuto o ne ha recepito l’immensità del suo generoso donarsi a tutti, sempre in second’ordine, dopo nostro Signore, una folla commossa, oltre che sui social, dove l’armonia di una prosa, che supera la lirica più intensa della poesia, della secondogenita Giulia, non ha lasciato il volto di qualche lettore senza che una filo di lagrime lo rigasse, lo ricorda presso la chiesa dedicata alla Madonna di Loreto, ossia la chiesa dei Padri Passionisti, dove Franco, tra i pur molteplici impegni nell’ambito del volontariato laico e totalmente gratuito svolto in sinergia con l’azione della Chiesa, ha offerto mesi e anni di attività tesa a rendere più aperto e accessibile alla gente il messaggio evangelico che i padri seguaci di san Paolo della Croce, da Ovada in provincia di Alessandria, hanno irradiato nell’ecumene terrestre. E quella comunione di spirito che ha unito tutti nel commosso ricordo di Franco, dopo che l’iniziativa è stata adeguatamente diffusa mediaticamente da padre Antonio Rungi, ne ha riproposto, come in film, le peculiarità per cui più di qualcuno, a ragion veduta, suggerisce di tenere presente l’idea di attivare quel tipico percorso del protocollo ecclesiastico che porta i veri uomini “di buona volontà” ad ascendere agli onori dell’altare. E sì perché Franco, pur brevemente riassumendo, oltre a servire come si deve nostro Signore, è stato il modello concreto del buon figlio, del dolce fratello, del meraviglioso marito, dell’incomparabile genitore nell’ambito di quella sacralità della famiglia che vede delegati alla mamma e al padre quelle funzioni irrinunciabili che nessun altro “doppione” dell’uno o dell’altro potrà mai mettere ottimamente in atto. E, allora, unendoci alla preghiera e al commosso ricordo di Franco, ne rinverdiamo la figura non nella vacua passerella del “fumus adulandi”, ma nella pienezza della convinzione che persone come lui, pure se volano in Cielo ad allungare l’elenco dei Beati che il buon Dio vuole vicino a Sé, lasciano tra di noi quel profumo inestinguibile della santità autenticamente vissuta nel pur cronologicamente limitato percorso quotidiano.

Orazio Ruggieri