Oggi è calanne, dimane è gli’ anne nuove, buonì e buon anne cu nu buon principie d’anne (VIDEO)

È impossibile negarlo: senza “glie sciuscie” quanto è silenzioso quest’ultimo dell’anno? Senza musica né canti sembra mancare la consueta aria di festa che si respira a San Silvestro per le strade della città. In attesa di rivivere con più gioia e consapevolezza l’antica tradizione gaetana, vogliamo ricordarla e così rinnovarla.

L’espressione dialettale “glie sciuscie” ha preso piede a Gaeta dopo la Seconda Guerra Mondiale, in rifermento a orchestrine itineranti ed amatoriali, composte da gruppi di ogni età, che il 31 dicembre portano i loro canti augurali per l’anno che verrà. Si tratta di una tradizione che affonda le proprie radici in un passato lontano e si collega alle tante creazioni popolari che hanno avuto grande seguito in Campania e nelle terre aurunche. Non a caso infatti i canti sono tutt’ora tramandati in stile e dialetto prettamente napoletano.

I gruppi si esibiscono per le strade e le case della città rivisitando la trazione. Agli strumenti tipici ed artigianali legati alla musica popolare, come ad esempio l’urzo, il martello ed il tamburello, se ne sono aggiunti altri più sofisticati come la fisarmonica, il sassofono ed il clarinetto. Allo stesso modo ad i tipici versi ciascun gruppo ne aggiunge altri per creare canzoni sempre nuove ed originali.

Tra le note tradizionali dell’attuale sciuscio, il far precedere l’esibizione musicale da un augurio alla famiglia del cosiddetto “patró” di turno: “Oje patró Francisco, dacce nu sciuscie, annanze che s’ammuscie, dacce quatte fiche muscie; annanze che se secche, dacce quatte fiche secche”.

Oggi frutta secca e fichi secchi, offerti anticamente al termine dell’esibizione, sono stati sostituiti da una offerta in denaro.

Insomma, “Oggi è calanne, dimane è gli’ anne nuove, buonì e buon anne cu nu buon principie d’anne”.

Maria Concetta Valente